Dakar. Il punto sulla Mini con Nani Roma

Nani Roma

 

• "Abbiamo una grande macchina, fantastica, molto affidabile, ma siamo un po’ penalizzati dalle norme tecniche"

 

• "Penso che Aso stia lavorando per migliorare; si andrà ancora in Sud America, ma bisognerà vedere se si tornerà in Cile o si resterà in Argentina e Bolivia"

 

18-04-2016. Emilio Deleidi / quattroruote.it

Mentre ancora si attende l’esito del ricorso presentato dal team X-raid nei confronti della Peugeot di Peterhansel, che rende il risultato della Dakar 2016 sub-judice (voci danno per maggio il possibile pronunciamento in merito all’appello), un’occasione d’incontro con Nani Roma ci ha permesso di fare il punto sulle prospettive di sviluppo della Mini ALL4 Racing, vincitrice di quattro edizioni del rally-raid più conosciuto, in vista della prossima sfida con la Casa del Leone.

Che cosa si può fare per migliorare ancora questa Mini, che sembra essere vicina al top del suo sviluppo?

Se non ci sono cambiamenti regolamentari, è difficile migliorare per tutti, anche per la Toyota: alla fine, il motorsport è una relazione tra il peso, la potenza e le sospensioni. Se queste cose nono sono regolamentate in modo da non penalizzare nessuno nei confronti della Peugeot, allora poter progredire è davvero complesso. Abbiamo una grande macchina, fantastica, molto affidabile, ma siamo un po’ penalizzati dalle norme tecniche. La Peugeot ha fatto un lavoro straordinario: ha preso il regolamento punto per punto e ne ha ottenuto il massimo. Noi speriamo nel meeting della Fia previsto fra poche settimane: la Federazione ha ricevuto tutte le informazioni necessarie dai team Mini, Peugeot e Toyota. Il problema non riguarda tanto la strozzatura di 38 mm sull’aria dell’alimentazione del motore, perché non ha senso disporre di qualche cavallo in più se poi non riesci a sfruttarlo. Quello che vorrei è una maggiore escursione delle sospensioni, avere ruote più grandi e poter sgonfiare e gonfiare le gomme dall’abitacolo, com’è consentito ai buggy.

Intanto, però, state lavorando…

Sì, sull’evoluzione della Mini, nell’attesa di regole definitive: se, però, cambieranno le norme relative alle sospensioni, bisognerà fare molti interventi sull’architettura complessiva della vettura, anche se il tempo ormai è scarso. La nostra è una macchina pesante: uno dei nostri scopi è abbassare il più possibile le masse ed è su questo che ci stiamo concentrando. Poi, lavoriamo un po’ sull’aerodinamica.

Quest’anno molti piloti non sono stati contenti del percorso della Dakar…

Nessuno è stato contento! Il problema è che Aso è stata messa in difficoltà dalla defezione tardiva del Perù, quando tutto era già stato definito; la prima settimana è stata… pessima (Nani usa un’espressione italiana molto più colorita, ndr). Era una sorta di Rally d’Argentina, con tutto il percorso fettucciato: non è questa la Dakar! La seconda settimana di gara è stata buona, ma sapendo che la prima era stata facile gli organizzatori hanno previsto due giorni un po’ troppo duri. È stata una Dakar strana per tutti, ma non è piaciuta a nessuno. Penso che Aso stia lavorando per migliorare; si andrà ancora in Sud America, ma bisognerà vedere se si tornerà in Cile o si resterà in Argentina e Bolivia. In Perù ci sono le elezioni e questo è un tema politico.

In ogni caso, che programmi ha per il resto della stagione 2016?

Dobbiamo definire il nuovo contratto con il team X-raid e con il suo patron Sven Quandt; mi piacerebbe partecipare al Silk Rally, che va da Mosca a Pechino, ed è un bel rally. Anche per il futuro della specialità, è un bene avere due grandi prove, una in Asia in estate e una in Sud America in inverno; la Cina, poi, è un mercato importante per le Case e il destino dei rally raid deve tenere conto dei luoghi dove miliardi di persone si stanno accostando al mondo dei consumi. In ogni caso, preferisco disputare gare nella seconda parte dell’anno per potermi presentare in forma alla Dakar: diciamo, in Cina e in Marocco. Nel frattempo, mi tengo allenato in bici e in moto, ma senza disputare corse, per contratto. Mi diverto, piuttosto, a partecipare a qualche rally minore con una macchina che ho sviluppato io, una Mini preparata con una meccanica diversa da un team spagnolo, una macchina che ha un costo di utilizzo al chilometro molto inferiore a quello delle WRC.

Vogliamo ripercorrere un po’ della sua storia: com’è arrivato ai rally-raid?

Mi piacevano le auto, ma non avevo abbastanza soldi per permettermele: vivevo in campagna con la mia famiglia (Roma è catalano, ndr) e così, quando ho potuto, mi sono comprato una moto da cross. Ho iniziato a fare qualche gara di enduro e dopo qualche anno sono diventato campione europeo della specialità; poi ho disputato una Dakar in Africa. Ho vinto subito la mia prima prova speciale, andavo benissimo, ma, com’è inevitabile al debutto, alla quarta o quinta tappa ho avuto un incidente. Però ho capito che, pur essendo la prima volta, questa era la mia strada, perché tutto mi veniva facile, anche leggere il road book, fare la navigazione. Nel 2004 ho vinto la Dakar in moto in Africa e ho detto basta: volevo provare con le auto. Ho svolto dei test con la Mitsubishi: portavo in giro dei giornalisti e il team si è accorto che ero già più veloce degli altri. Così, ho convinto la Repsol, mio sponsor sulla moto, a passare alle quattro ruote e ho iniziato a disputare la Dakar in macchina. Dal 2010 corro con il team X-raid, per il quale ho vinto con la Mini la Dakar 2014. Nel 2015, invece, ho rotto la pompa del gasolio dopo 3 chilometri, una rabbia!

Fuente: Emilio Deleidi / quattroruote.it